1.11.06

le stagioni si accavallavano

le stagioni si accavallavano, il buco dell’ozono sorrideva strizzando l’occhiolino alle altre particelle lì con lui. Il fieno si rigirava e le fave, beh no, le fave stavano a casa…

…e Chesterton guardava la TV.

Fabrizio. Il freddo dell’inverno tagliava le mani, nonostante il sole e le auto percorrevano indolenti il lungo corso, nel corso del fiume si erano avvistate frecce, bombe, chioschi di giornali.

…e ci vuole coraggio ad affrontare la morte che ci balla intorno e crepare di maggio, tanto troppo e le rose; petali di rosa scendono morbidi dal soffitto giovane e leggiadro come le donne che vi si trovano. Intanto i gorilla corrono per ogni dove e le gabbie sono tutte incastrate sui culi dei giudici che attraversano le antiche biblioteche

…e Chesterton guardava la TV.

Ed ecco la campana d’oro rintoccare i dodici mesi dell’anno, che non vogliono più farsi abbindolare dalle borse valori, e poi, alla fin fine, anche noi ci divertiamo di più al parco. Fabrizio. Il forcone attraversa l’aia come un giavellotto un campo d’atletica, e va puntarsi contro una vacca, il trattore rincorre il tempo poi capisce che è il tempo che lo sta guidando e si sente un po’ cretino, si sente come un uomo (e non è una gran cosa) alla ricerca di Dio, si sente preso per il culo…

…e Chesterton… beh Chesterton si stava grattando il culo, il palinsesto mattutino non è mai un granché e ora sperava in una bella televendita presentata da un presentatore fallito e da qualche pseudobellafiga. Fabrizio. La notte scende in fretta, e le parole alla fine sono sempre le stesse, si ripetono cicliche sempre le stesse cazzate… e Chesterton, a dirla tutta, ne aveva le palle gonfie, così dopo due ore di linee hard e porcel-line si sparò una sega, ma più per devozione che per voglia.

…e Chesterton guardava la TV.

I giorni passavano uguali e duri e i muri restavano sempre più impregnati di chiuso, di rancido, di sudore, di vecchio; ma l’aria primaverile fuori dava tutto un altro aspetto al mondo, cani, rondini, bambine con la gonnellina rossa, pedofili seduti in poltrona che guardano oltre le tende della finestra, battipanni pronti per le pulizie…

Fabrizio.

…e Chesterton guardava la TV.

Fabrizio stava lì sul palco, immenso e piccolo tra cicche spente e sigarette fumanti, un po’ ricordava Bocca di Rosa, un po’ Giovanna d’Arco. Chissà se le parole venivano da se oppure…

Il vecchio marinaio osserva le scogliere, il mare, con la voglia di tornare, il mare caldo, forte, implacabile, gelido, rassicurante, il mare, lo attraversa, espone parole, musica, poesia, poi tutto diventa una regata; lunga.

…e Chesterton guardava la TV.

La primavera è tornata un po’ prima, il freddo ha dato un po’ di tregua e la morte per ora è calma e non attraversa le notti, ma è come… come se mancasse qualcosa, “io nel vedere quest’uomo che muore madre io provo dolore, nella pietà che non cede al rancore madre ho imparato l’amore”

…e Chesterton guardava la TV

1 commento:

Dario Ciferri ha detto...

Quinto racconto che ruota intorno a Chesterton
dedicato a Fabrizio De Andrè